lunedì 17 novembre 2014

MOLESTIE O DISTURBO ALLE PERSONE SU FACEBOOK

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini della configurabilità del reato di molestie o disturbo alle persone, va considerato luogo aperto al pubblico la piattaforma sociale Facebook, quale luogo “virtuale” aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete e che, pertanto, integra la contravvenzione di cui all’art. 660 cod. pen. l’invio di messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa.

Cassazione Penale, Sez. I, 12 settembre 2014 (ud. 11 luglio 2014), n. 37596

La violazione dell'art. 660 C.P. (in base a cui «chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516»), per la Suprema Corte è configurabile anche quando le molestie si verificano su di una pagina aperta al pubblico di Facebook, poiché è «innegabile che la piattaforma sociale Facebook (disponibile in oltre 70 lingue, che già nel 2008 contava più di 100 milioni di utenti) rappresenti una sorta di piazza immateriale che consente un numero indeterminato di accessi e visioni, rese possibili da una evoluzione scientifica che il Legislatore non era arrivato ad immaginare».
Si tratta di un’interpretazione estensiva «che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio impone, anzi, di considerare».
Dunque, integra la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p. anche l’invio di messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa.

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