martedì 20 maggio 2014

Diffamazione su Facebook: la sentenza della Cassazione

Commette il reato di diffamazione chi scrive insulti su Facebook, anche se indirizzati ad una persona di cui non viene fatto il nome e letti da una cerchia ristretta di iscritti.

Cassazione penale , sez. I, sentenza 16.04.2014 n° 16712
Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due.

Ai fini di detta valutazione non può non tenersi conto dell’utilizzazione di un social network, a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti allo stesso corpo militare di appartenenza dell'autore della pubblicazione on line, né la circostanza che in concreto la frase pubblicata sia stata letta soltanto da una persona. D’altro canto, ai fini dell'integrazione del reato di diffamazione, è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone indipendentemente dalla indicazione nominativa. (1)

(*) Riferimenti normativi: art. 595 c.p.

(1) Cfr. Cass. Pen., sez. V, sentenza 20 dicembre 2010, n. 7410.

(Fonte: Massimario.it - 18/2014).

venerdì 9 maggio 2014

Dei danni provocati dal cane non risponde il proprietario, ma colui che lo ha con sé in custodia.

La Suprema Corte, con una recente sentenza (Cass. sent. n. 18814 del 16.05.2012.) ha stabilito che il “detentore” e non il padrone dell’animale ha l’obbligo di assumere ogni possibile cautela per evitare e prevenire possibili aggressioni. Quindi, il padrone che chieda ad un amico di prendere con sé il suo quadrupede, sia pure per il tempo necessario a fare la spesa, non risponde delle eventuali aggressioni o lesioni provocate dall’animale stesso. Invece, ne risponde il custode, anche se per il suo compito non ha ricevuto alcun compenso economico.

La responsabilità vien meno solo se il detentore dimostri che il danno è avvenuto per “caso fortuito”. Ovvero di aver usato la necessaria diligenza per evitare l’evento lesivo.