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Con atto di citazione del 1/12/2011 la signora C.S.P. convenne, davanti al
Tribunale di Napoli, il Comune della stessa città chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. o, in subordine, ex art. 2051 c.c. per
l'infortunio, consistente nella frattura di una vertebra lombare, riportato in
conseguenza di una caduta avvenuta, quando, mentre attraversava la
strada, finiva con il piede in una pozzanghera d'acqua che celava una buca e la
presenza di cubetti di porfido malfermi, perdendo l'equilibrio e cadendo sulla
schiena.
Assunte prove testimoniali e CTU medico-legale, il Tribunale di Napoli ritenuta raggiunta la prova in ordine alla situazione di insidia o
trabocchetto, accolse con sentenza la domanda ex art. 2043 c.c. condannando il Comune al
pagamento del risarcimento del danno.
La Corte d'Appello di Napoli, adita dal Comune, riteneva invece che la
fattispecie rientrasse nell'alveo dell'art. 2051 c.c. e che, conseguentemente, l'ente
proprietario fosse gravato dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse
alla struttura o alle pertinenze della strada salva la possibilità per l'utente
danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di
pericolo.
Riteneva, altresì, che la pronuncia di primo
grado meritasse censura per non aver richiamato i principi e gli insegnamenti
giurisprudenziali in punto di autoresponsabilità dell'utente di strade demaniali che,
ove considerati, avrebbero dovuto condurre il giudice a ritenere esigibile, da parte
della danneggiata, una condotta più prudente evitando di poggiare il piede proprio
nella buca ricolma d'acqua.
Il giudice ha, pertanto, ritenuto di dover considerare l'efficienza del comportamento
imprudente della vittima nella produzione del danno che si atteggia a concorso
causale colposo valutabile ai sensi dell'art. 1227 c.c. fino ad interrompere il nesso
eziologico tra la condotta omissiva dell'ente proprietario della strada e l'evento
dannoso integrando gli estremi del fortuito.
Sulla base di queste premesse ed in
riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda attorea.
La danneggiata ha proposto ricorso in Cassazione sulla base di diversi motivi, tra di essi:
- violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c. con riguardo all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la sentenza d'appello ha ritenuto interrotto il nesso eziologico tra la condotta della danneggiata ed il danno, senza dare la prova del fortuito che avrebbe dovuto consistere in una condotta autonoma, eccezionale, imprevedibile e colposa della vittima.
- violazione e falsa applicazione dell'art. 1227 c.c., comma 1. La sentenza ha mal applicato la disposizione indicata in epigrafe perché non avrebbe posto in relazione la presunta violazione del dovere di cautela incombente sulla danneggiata con la violazione degli obblighi di custodia che gravano sull'ente.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato, ribadendo i seguenti principi:
- L'art. 2051 c.c. configura un caso di responsabilità oggettiva del custode e prevede
che il danneggiato debba limitarsi a provare il nesso causale tra la cosa in custodia
ed il danno, spettando al custode la prova cd. liberatoria mediante dimostrazione
positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia avente
impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.
L'ente proprietario della strada supera la presunzione di colpa quando la situazione
che provoca il danno si verifica non come conseguenza di un difetto di diligenza
nella sorveglianza della strada ma in maniera improvvisa e per colpa esclusiva dello
stesso danneggiato. Il Comune avrebbe dovuto dimostrare che il fatto della stessa
danneggiata nel caso in esame avesse i caratteri dell'autonomia, eccezionalità,
imprevedibilità ed inevitabilità e che fosse da solo idoneo a produrre l'evento,
escludendo i fattori causali concorrenti. La sentenza non ha rispettato le condizioni
richieste dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la condotta della
vittima del danno causato da una cosa in custodia costituisce caso fortuito idoneo ad
escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. ove sia colposa e
imprevedibile (Cass., 3, n. 25837 del 31/10/2017; Cass., 6-3, n. 27724 del
30/10/2018; Cass., 6-3 n. 9997 del 28/5/2020).
- E' principio affermato da questa
Corte che, se il fatto colposo del danneggiato può concorrere nella produzione
dell'evento, il fatto che una strada risulti "molto sconnessa" con buche e rattoppi,
indice di cattiva manutenzione non costituisce un'esimente per l'ente pubblico in
quanto il comportamento disattento e incauto del pedone non è ascrivibile al novero
dell'imprevedibile (Cass., 3, n. 15761 del 29/7/2016).
L'ente proprietario di una
strada si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili
alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura ed alla conformazione
della stessa e delle sue pertinenze, fermo restando che su tale responsabilità può
influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva
soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità
fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario,
rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell'art. 1227 c.c. (Cass., 3, n. 15761 del
29/7/2016; Cass., 3, n. 2480 del 1/2/2018).
La condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia
diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso in
applicazione anche ufficiosa dell'art. 1227 c.c., comma 1 richiedendo una
valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile
al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost. sicché quanto più la situazione di
danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del
danneggiato delle cautele normalmente prevedibili in rapporto alle circostanze tanto
più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente
del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto
comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando
sia da escludere che lo stesso comportamento costituisce un'evenienza ragionevole
o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale connotandosi
per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass., 6-3 n. 9315 del
3/4/2019).
Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, ordinanza n. 456/2021