giovedì 24 novembre 2016

Responsabilità professionale del medico di pronto soccorso

In tema di responsabilità professionale medica, l’ambito dell’obbligo di garanzia gravante sul medico di pronto soccorso può in generale ritenersi definito dalle specialistiche competenze che sono proprie di quella branca della medicina che si definisce medicina d’emergenza o d’urgenza. In tale ambito rientrano l’esecuzione di taluni accertamenti clinici, la decisione circa le cure da prestare e l’individuazione delle prestazioni specialistiche eventualmente necessarie. Correlata a tali doveri può ritenersi la decisione inerente al ricovero del paziente e alla scelta del reparto a ciò idoneo, mentre l’attribuzione della priorità d’intervento, detta triage ospedaliero, è procedura infermieristica. In tema di responsabilità professionale, il medico che, sia pure a titolo di consulto, accerti l’esistenza di una patologia a elevato e immediato rischio di aggravamento, in virtù della sua posizione di garanzia ha l’obbligo di disporre personalmente i trattamenti terapeutici ritenuti idonei a evitare eventi dannosi ovvero, in caso d’impossibilità di intervento, è tenuto ad adoperarsi facendo ricoverare il paziente in un reparto specialistico, portando a conoscenza dei medici specialistici la gravità e urgenza del caso ovvero, nel caso di indisponibilità di posti letto nel reparto specialistico, richiedendo che l’assistenza specializzata venga prestata nel reparto dove il paziente si trova ricoverato specie laddove questo reparto non sia idoneo ad affrontare la patologia riscontrata con la necessaria perizia professionale.
Cass. pen., 26 settembre 2016 n. 39838



mercoledì 14 settembre 2016

L' intercettazione telematica nel recente orientamento della Cassazione

In materia di intercettazione telematica, solo limitatamente ai procedimenti per reati di “criminalità organizzata” è consentita l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti mediante l’installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (ad esempio, personal computer, tablet, smart-phone, ecc.) anche nei luoghi di privata dimora ex articolo 614 del Cp, pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa. Con la precisazione che per reati di “criminalità organizzata” devono intendersi, comunque, non solo quelli elencati nell'articolo 51, commi 3 bis e 3 quater, del Cpp, ma anche quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere ex articolo 416 del Cp, correlata alle attività più diverse, con esclusione del mero concorso di persone.
Cass. pen., 1 luglio 2016 n. 26889


Con il termine intercettazione telematica s'intende la captazione del flusso telematico di dati (la c.d. on line surveillance) che permette l’acquisizione di informazioni e contenuti rilevanti in ambito investigativo e quindi probatorio.

Dapprima l'attività d'intercettazione è stata fatta rientrare nell'ambito normativo previsto per le comunicazioni telefoniche (art. 266 cpp per le intercettazioni telefoniche e il 266-bis cpp per quelle telematiche). Poi questa affinità è scemata poiché le modalità tecniche di attuazione si sono differenziate per i rapidi progressi della tecnologia, che sia nel campo informatico che in quello telematico ha sviluppato sempre nuove procedure ed algoritmi.


mercoledì 6 luglio 2016

Aiutiamoli denunciando: se il cane è legato a catena/corda troppo corta è reato

E' di pochi giorni fa l'ennesima notizia di poveri cani maltrattati (in questo caso ben 25), che sono stati sequestrati per maltrattamenti perpetrati con l’uso abituale della catena da parte del proprietario, denunciato.
I cani vivevano in condizioni pessime all'interno del giardino di una villa, alle porte di Aprilia: le catene che trattenevano i cani erano corte e le cucce insalubri o strette.
Inoltre, gli animali non erano muniti del regolamentare microchip.

Secondo la giurisprudenza, per integrare il reato di maltrattamento non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza degli animali, poiché la norma mira a tutelarli quali esseri viventi in grado di percepire dolore, anche nel caso di lesioni di tipo ambientale e comportamentale (Cass. n. 46291/2003; Trib. Pen. Torino 25.10.2006).
In merito alla sottoposizione a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche dell’animale, assume valenza qualsiasi azione caratterizzata da un’evidente e conclamata incompatibilità con il comportamento della specie di riferimento come ricostruito dalle scienze naturali (Cass. n. 5979/2013)

Il reato di “maltrattamento di animali” è disciplinato dall’art. 544 ter C.P., che punisce “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche” con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
Il comma II° dell'art. 544 ter C.P. stabilisce che le stesse pene previste dal primo comma, si applichino “a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate, ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi”. In pratica si tratta del cosiddetto “reato di doping a danno di animali”, volto a reprimere le scommesse clandestine e le competizioni tra animali. 
In caso di condanna per maltrattamento di animali (o di patteggiamento della pena), è prevista la confisca obbligatoria dell'animale, per poterlo sottrarre al detentore maltrattante.

Quando ci capita di vedere o venire a conoscenza diretta di fatti di maltrattamento, ad esempio vediamo un cane perennemente legato con una catena/corda troppo corta, o tenuto recluso su un balcone senza riparo e con poco cibo e acqua o altre situazioni di grave disagio per cani, gatti o altri animali da compagnia, ricordiamoci che si tratta di un REATO!

Per salvare gli animali in difficoltà e punire i colpevoli, dobbiamo fare una segnalazione, meglio se scritta, alla forza pubblica (di preferenza al Corpo Forestale dello Stato). Questo anche quando, purtroppo, ci troviamo di fronte ad un presunto caso di uccisione di animali. 
In caso di mancato loro intervento, si può configurare l'ipotesi di reato di "omissione d'atti d'ufficio".

Infine, va ricordato che in molti Regolamenti Comunali è previsto, per il benessere degli animali, il divieto di detenzione di cani a catena troppo corta (di solito viene indicata una lunghezza minima) e sono previste sanzioni pecuniarie per la violazione della disposizione amministrativa: un  illecito amministrativo che si affianca al reato penale.

Non abbiate paura di denunciare, è un diritto ed un dovere a tutela di vite innocenti che non possono difendersi da sole!

martedì 2 febbraio 2016

Reato di associazione con finalità di terrorismo: propaganda via web

L'Isis è una “associazione terroristica”, “così definita da numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu”, e “non uno Stato”, sebbene si estenda “su parte della Siria e dell'Iraq” che sono da considerarsi “territorio occupato”: per questo motivo è vietato fare propaganda del Califfato, sul web, anche dall'Italia. Con riferimento alle strutture organizzative “cellulari” o “a rete”, caratterizzate da estrema flessibilità e in grado di rimodularsi secondo le pratiche esigenze che di volta in volta si presentano, in condizione di operare contemporaneamente in più Paesi, anche in tempi diversi e con contatti (fisici, telefonici, informatici) anche discontinui o sporadici tra i vari gruppi in rete, la fattispecie delittuosa di cui all'articolo 270-bis del C.P. deve ritenersi integrata – in presenza del necessario elemento soggettivo - anche da un sodalizio che realizza condotte “di supporto” all'azione terroristica di organizzazioni riconosciute e operanti come tali: quali quelle volte al proselitismo, alla diffusione di documenti di propaganda, all'assistenza agli associati, al finanziamento, alla predisposizione o acquisizione di armi, alla predisposizione o acquisizione di documenti falsi, all'arruolamento, all'addestramento, ecc.; con l’affermazione in proposito della giurisdizione italiana in caso di “cellula” operante in Italia per il perseguimento della finalità di terrorismo internazionale sulla base dell’attività di indottrinamento, reclutamento e addestramento al martirio di nuovi adepti, da inviare all'occorrenza nelle zone teatro di guerra, e della raccolta di denaro destinato al sostegno economico dei combattenti del Jihad all'estero. È ravvisabile la natura "pubblica" dell’apologia nel caso di documenti diffusi su siti internet liberamente accessibili. Infatti, l’articolo 266, comma 4, del C.P. definisce il reato avvenuto “pubblicamente” quando il fatto è commesso «col mezzo della stampa o con altro mezzo di propaganda» ed è evidente che un sito internet a libero accesso ha una potenzialità diffusiva indefinita, tanto da poter essere equiparato alla stampa.
Cassazione Penale, 1 dicembre 2015 n. 47489