lunedì 30 gennaio 2012

Scaricare file protetti rimane illegale.


L'argomento torna di attualità anche a seguito delle note vicende relative a Megavideo e Megaupload.
Conversando con dei conoscenti, mi è capitato che mi venisse chiesto se scaricare file da internet costituisse ancora reato.  In pratica, se potevano scaricare tranquillamente musica e/o film  dalla rete, avendo sentito parlare di una sentenza assolutoria "per chi lo fa senza scopo di lucro"... 

E’ vero che la sentenza 149/2007 della III sezione penale della Cassazione, cui si riferivano, afferma che scaricare opere protette e condividerle non è reato nel caso in cui tali comportamenti siano commessi senza fine di lucro. Ma la questione è che la decisione dei giudici si riferisce “alla normativa in vigore precedentemente alle modifiche legislative introdotte dalla Legge 248/2000, dal successivo recepimento della Direttiva Europea sul Copyright, nel 2003 e dal decreto legge Urbani nel 2004 e poi convertito in legge nel 2005. Si tratta di provvedimenti che hanno modificato in successione la legge 633/41 sul diritto d'autore.


La sentenza accennata, all'epoca, è stata ripresa dai giornali con relativi siti di riferimento i quali hanno evidenziato che “scaricare i file dal web senza lucro non è reato”. In realtà, leggendo le disposizioni della Corte di Cassazione, che ha assolto due giovani torinesi dall’accusa di violazione della Legge 633/41 sul diritto d’autore, non è esattamente così.


I due giovani  (che in Corte d'appello erano stati condannati a tre mesi e dieci giorni di reclusione) avevano scaricato e condiviso in rete, tramite i pc di un'associazione studentesca del Politecnico di Torino, file musicali, video e software protetti da copyright. Gli studenti si collegavano a un server Ftp del quale ottenevano le chiavi d'accesso solo dopo avere messo a disposizione la loro scorta di musica o altro. L'attività però non aveva fini di lucro ed è stato proprio questo a salvare gli imputati. Secondo i giudici, infatti, questo tipo di attività, precedente al 2000 non era punibile perché non è stato realizzato nessun vantaggio economico. Da qui sono derivati i titoli sui quotidiani, volti a indicare il download di file come ormai legalizzato. Niente di più sbagliato.

Infatti, la Suprema Corte si è riferita all’impianto di norme che vigevano all’epoca dei fatti, per cui era previsto come reato lo scambio di file protetti dal diritto d’autore per “fini di lucro”. In molti vi hanno visto una sorta di “liberalizzazione”,  forse proprio per via del discorso che la Cassazione ha portato avanti sulla diversità concettuale tra “fini di lucro” e “fini di profitto”. Ma è una distinzione ormai inutile. Nel 2004, con la Legge Urbani, appunto, sono state introdotte delle novità sostanziali. La più grossa all’articolo 174-ter legge n.  633/41, che afferma: “Chiunque abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, duplica, riproduce, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento, anche avvalendosi di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, opere o materiali protetti, oppure acquista o noleggia supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni della presente legge, ovvero attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche è punito […] con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154 e con le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale.” Nell’impianto, come si può vedere, non si parla nè di lucro nè di profitto, ed è quindi da intendersi come generale. Pertanto rivolto a chiunque, a prescindere dal fine. Quindi effettivamente scaricare file dalla rete “non è reato” ma ciò non vuol dire che non si incorra in sanzioni. Queste ci sono, di tipo amministrativo, ma ci sono. E possono arrivare “in caso di recidiva o di fatto grave per la quantità delle violazioni o delle copie acquistate o noleggiate […] sino ad euro 1032,00”.

In conclusione, chi scarica semplicemente rischia una sanzione amministrativa, quella prevista dall'art. 174-ter l. 633/41. Mentre, per chi mette in condivisione opere protette occorre, invece, distinguere tra chi lo fa a fini di lucro e chi lo fa per profitto Nel primo caso, si ricade nelle ipotesi dell'art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis) l. 633/41; con sanzioni molti pesanti. Chi condivide senza una contropartita economica rimane soggetto ad una sanzione penale che è quella dell'art. 171, comma 1, lett. a-bis). 

A cura dell'avv. Claudia Benvenuti

1 commento:

  1. La ringrazio per l'articolo chiarificatore.
    Le sarei grato se volesse chiarire altri due aspetti:
    1. Come vanno interpretate le parole dell'art 171-ter "se il fatto è commesso per uso non personale"? Perchè tale articolo non si applicherebbe a chi condivide senza una contropartita economica?
    2. Chi effettua il download di file utilizzando tecnologie p2p (emule, torrent) per il periodo necessario al completamento del download effettua necessariamente anche la condivisione. E' configurabile la fattispecie dell'art. 171, comma 1, lett. a-bis ?
    Se così fosse converrebbe accantonare il P2P per limitarsi al download da filehosting (megaupload, fileserve...) con conseguenze paradossali poichè mentre il p2p non determina alcun guadagno utilizzare i filehosting produce profitti elevati per i detentori dei server...

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